Il Padre Siccia (texte intégral)

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Texte intégral en italien du récit de Domenico Tempio Il Padre Siccia.

Les éclaircissements lexicaux en note sont adaptés du site de Giovanni Dall’Orto.[1]




Il Padre Siccia





Interlocutori:


Padre Siccia
Pipuzzo




Camera del Padre Siccia con porta chiusa



Padre Siccia

Sentimi…


Pipuzzo

A questo prezzo

ascoltarvi non posso.


Padre Siccia

Io ti scongiuro

per quel ch’hai di più caro, anima mia,

compiacimi.


Pipuzzo

Di che?


Padre Siccia

Che tu m’ascolti,

che mi lasci parlar; sì, questo almeno

concedimi, e dipoi

dimmi, libero sei, quel che mi voi.


Pipuzzo

Lo permetto, ma prima

aprasi quella porta.


Padre Siccia

E l’esser chiusa

qual’ombra ti darà?


Pipuzzo

Camera è questa

di monaco; noi soli,

voi frate, io giovinetto,

e non volete che mi dia sospetto?


Padre Siccia

Quanto sei scrupoloso! Io non approvo

cotanta[2] austerità.


Pipuzzo

Sensi[3] son questi, che voi, saggio Maestro,

m’insegnasti finor.


Padre Siccia

Si, lo confesso,

ma usarli ancor con me, quest’è un eccesso.

Orsù, siedi per poco,

ed attento mi ascolta.[4] Ah! perché mai

t’arrossisci nel viso,

e stupito mi guardi? Hai tu si puoche

prove di me, che dir ti possa mai

cose di tuo spiacer?[5] Sentimi, e quieta

il commosso tuo spirto, e lieto attendi[6]

a quanto io ti dirò… Dimmi (ti è noto,

negar nol puoi) se ti ricordi… Ah parmi

ieri, e pur son tre lustri!

quando su queste braccia

mi crescesti bambin?


Pipuzzo

Tutto rammento,

e mi sembra pur oggi; sugl’occhi ho ancora

quanti teneri baci

m’imprimeste sul viso

con quei tumidi labbri, ed ogni bacio

rammento ancor, ch’era sì lungo e greve

ch’io mi sentiva il fiato

dai polmoni tirar; rammento ancora

le carezze, e la mano

che in braccio mi tenea, sempre del culo

le natiche a palpar…


Padre Siccia

Ah per la gioia

mi sento morir! Godo che tutto

rammenti a parte a parte.


Pipuzzo

E ben, per questo?[7]


Padre Siccia

Sentimi, figlio, e lascia dirmi il resto.

Già ti rammenti adunque

quai principii ha il mio amor: sin dalle fasce

conobbi ed ammirai

queste belle sembianze. E forse errai?

(lo accarezza)


Pipuzzo

Ma, padre mio, che giova

ridirlo, se lo so?


Padre Siccia

Scrupoli? Addio, (s’alza)

non parlo più. Così finir la lite

dovea, io lo previdi.


Pipuzzo

E via, seguite.


Padre Siccia

Crescesti, e così fino, (siede)

così amabile e grato,

ch’io, se lo vuoi saper, sera e mattino

aveva tentazion per quel tondino;

e ottener lo potea; tanta in quel tempo

sopra il tuo cor d’autorità tenea.

Ma la tua nol permise

tenera età, ma che potea allora

se fraschettino insano

di latte ti fetea la bocca e l’ano?

Or mentre in questo stato

tempo aspetto miglior, ecco a lasciarti

costretto io parto. Ah chi ridirti allora

potrebbe il mio dolor? In queste arrivo

etnee contrade, e qui il soggiorno ho fisso.

Qui chi può dirti quanto

ho sofferto sinor? La rete stendo

su i migliori, e li prendo. Io della preda

contento esulto; non sapea meschino

il nuovo stil di questi

ingrati bardassoni. Al primo aspetto

affabili ed amici

li trovo, me gli accosto, e poi, secondo

il mio costume usato,

m’insinuo a puoco a puoco:

qual son mi svelo, non trovai durezze

anzi proclività: navigo in porto,

dicea tra me. Così la mente io pasco

di future speranze. Ardo frattanto

di libidine ognor; un detto, un cenno

or dubbio ed or palese

dimostro; or colla mano

palpo, accarezzo, insisto: anzi di loro

me ne stuzzica ognun, m’istiga. Allora

replico i colpi, e m’abbandono. Indegni!

Potresti mai supporti

nel vederli sì affabili ed umani,

poi nel miglior scapparmi dalle mani?

Senza profitto adunque

buggiaron mi divulgo, e da per tutto[8]

la garrula fama

ripetendo il mio nome, e nasce a ognuno

di vedermi il prurito,

e son da tutti dimostrato a dito.

Miser, che far potea? Fu mia ventura

l’esser monaco allor, che di lor baie

alzando al teschio toso

la duplice cuculla

chiudea l’orecchie, e non sentiva nulla.

Quindi, escluso da lor, volgo la mente

all’infima plebaglia. Il mio costume,

o la necessità fosse, o il desio,

con poch’esca vi arriva,

e tirai ognor dei buoni pesci a riva.

Un frutto, un pomo, un fico, o noce dura

io v’impiegava, ma con molta usura.

Fra cotanta abbondanza

lieto io vivea quasi in mio centro, e il cazzo

altro d’allor non feo

che pascersi ogni dì, di cul plebeo.


Pipuzzo

Voi m’avete confusa

la mente, o Padre Siccia,

il pelo a tanto orror già mi s’arriccia.[9]


Padre Siccia

Come? T’arriccia il pel? Forse che udisti

draghi, leoni colle fauci orrende

venirti a divorar? Oh se sapessi

ciò che al mondo si fa, ti sembrerebbe

questo ch’or ti spaventa

o niente affatto, o pure

leggerissimo mal. A chi si ruba?

Chi mai s’uccide? A cui[10]

la fama si detrae? Eh via confessa,

persuaditi, o figlio,

regola da più grande il tuo consiglio.[11]


Pipuzzo

Terminate il discorso.


Padre Siccia

Ecco che visto

o notato vi son. Si sa per tutto

la mia tresca lasciva, e quanto io futto.

Questo fu un nuovo inciampo

per me: che nol sapesse

il mio Provincial[12] temo e pavento.

Né invan; poiché l’udio

da penna monacal: volea ridurmi

in paese lontano.[13] Io, frapponendo

amici e protettor, lo sedo a patto

ch’io più non praticassi

l’usate porcherie (così chiamando

l’innocente piacer). D’allora in poi

mi son vissuto oscuro,

spargendo sempre la midolla al muro.

Ma eccoti gli effetti

del provvido destin, ch’ebbe pietate

di me: venisti tu. Ah così bello!

fuor d’ogni mia speranza,

sorpreso ti mirai, che, allor Pipuzzo,

giunse al mio naso del tuo culo il puzzo.

Queste fur le cagioni

per cui sempre geloso

t’ho guardato finor; come preziosa

gemma ti custodii, ch’altri non voglia

rapirmela di man. D’insidie occulte

t’ho scampato e difeso. Io t’insegnai

come evitar dovessi

dei compagni malvaggi

le pratiche funeste,

e conservarti in queste

illibato il tuo cuor, come guardarti

dai lupi frappatori,[14]

i quali tutto il giorno

biechi e maligni ti si fanno intorno.

Vedesti il mio gran zel: fuggi, ti ho detto,

fuggi ciascun di lor, Pipuzzo amato,

per farti cibo del mio sol palato.


Pipuzzo

A chi? Siete in error.


Padre Siccia

Sarebbe questo

per me forse un delitto

di lesa maestà?


Pipuzzo

Non lo farei, a costo di morir.


Padre Siccia

Codesta ammiro

tua gran severità: ma tu non sai

che maggiormente innamorar mi fai?


Pipuzzo

Ed io…


Padre Siccia

Che mal vi fosse?[15]


Pipuzzo

E ad usar m’indurreste

cotanta oscenità, né arrossireste?


Padre Siccia

E che perciò?[16]


Pipuzzo

Io nel pensarvi solo

gelo d’orror.


Padre Siccia

L’apprensione, o figlio,

ingrandisce gli oggetti, e dove mai

non fur, nascer li fa. Uno sfogo onesto

fra de’ teneri amici

chi mai lo proibì? Siam orsi o lupi

o selvatiche belve?

E pure entro le selve ancor s’annida

genio, amore e piacer, e tu non vuoi,

e ti fa orror perché si trova in noi?[17]


Pipuzzo

Se questo è ver, perché l’andare al tondo[18]

vietano le leggi, e lo detesta il mondo?


Padre Siccia

Sempliciotto che sei, né fino ad ora

ti sei avveduto ancor che in apparenza

si vuol così ma che spiando addentro

frate non troverai, né sacerdote

che al cul non scioglierà supplici note.


Pipuzzo

E si pecca sì franco? È un simil fallo

empio, atroce e nefando…


Padre Siccia

Oh che follia!

Taci, perché non sai la Teologia.

Questa sì bella usanza

da Sodoma abbruciata

fu sodomia chiamata;

ma perché sia peccato

io non capisco ancor.

Sì: l’adulterio è tale

che sia dal ciel punito.

La fede coniugale

viene a tradirsi allor.[19]

Sta il gran peccato espresso

nell’accoppiarsi insieme

diversità di sesso;

ma se si sparge il seme

tra l’uomo e l’uomo istesso,

che ciò non sia permesso

portami un argomento,

una ragione, ed io

questo cular desio

discaccerò dal cor.


Pipuzzo

[Fra sé] (Quali scosse son queste

per la coscienza mia! Io a poco a poco

comincio a vacillar). E ben si voglia

lecito un tale eccesso,

ma una legge poi

ei non si fa per obbligar pur noi?[20]


Padre Siccia

Ecco la legge: io già ti ho colto in punto

che non puoi replicar. Dell’amicizia

legge più santa e giusta

forse si dà? Si può trovar nel mondo

vincolo più tenace

della vera amistà? Questa ti astringe

questa lo vuol, che le dirai?[21]


Pipuzzo

Le dico

che non è buggiarone un vero amico.


Padre Siccia

E ancora insisti, e ancora

vuoi farmi spasimar? D’onde in te nasce

cotanta crudeltà? Libico serpe

o pur nimeo leone[22]

tua madre ingravidò? O tigre ircana.[23]

Non è gran fatto al fine[24]

se compiaci un amico

che ti serve fedel; che i giorni suoi

sagrifica con te; che per te solo

patria, amici, parenti

non cura, non distingue e non rispetta.

Ho tutti abbandonato

per unirmi con te; l’odio di tutti

per te son divenuto,

ed or… barbaro fato!

che più mi resta? Oimè! son disperato.

(s’alza)


Pipuzzo

Sedete, così presto

voi vi scaldate?


Padre Siccia

E forse

non mi scaldo a ragion? Per tutto[25] io servo,

per tutto io vò, si tratta

disfar la vita mia?

Io non la curo, e poi

se un frivolo dimando

ridicolo piacer, tè, padre Siccia,

che l’ottenesti pur![26] Io per tutt’altro

giovo, assisto, fatico, e sol per questo

dunque son io mal buono?

Dunque così ricompensato io sono?


Pipuzzo

Ah!


Padre Siccia

Tu sospiri? Forse

di pietà sarà segno

questo tuo sospirar?


Pipuzzo

Né di pietate

è segno, né di amor. Il meritato

del ciel supplicio io miro

alla superbia mia, perciò sospiro.

Qual tortorella audace

spiegai tropp’alto il volo

per evitar lo stuolo

degli empii cacciator.

Né vidi il mio periglio

che per volar tant’alto

mi diedi nell’artiglio

del nibio[27] rapitor.


Padre Siccia

Che ingratissimi sensi[28]

son questi, o figlio! Dunque il nibio io sono?

Ah! se così mi dici

vuoi trafiggermi il cor. Ah! se tu fossi

dentro il mio petto per vederlo, ingrato,

come avvampa per te, forse quell’alma

sì rigida e severa

si desteria a pietà. Qual fallo è il mio,

se tu sei bello, e la bellezza tua

mi abbaglia, mi sorprende,

e ad amarti mi tira?

Son forse delinquente,

se il genio,[29] il mio costume,

la debolezza mia

mi trascinano a te? È mia la colpa

se tu porti nel cul sì bella polpa?

Aggiungi a questo ancor l’innata al culo

mia gran proclività; dei tempi andati

il critico tenor; le ardenti brame

che mi apporta il digiun; l’averne al fianco

la ria tentazion; tu bello, ed io

tutto genio per te, tutto grato e fino,

tu per me tutto amore,

io buggiaron di cuore.

Colla preda alle mani,

col boccon sulle labbra,

con te… Eh via spietato

vuoi ch’io sia di macigno, un tronco, un marmo

senza carnalità? Saresti, dimmi,

inflessibile ancor? Non ti sei reso?

Taci, e mi guardi ancor? [Fra sé] (il pesce è preso).

Su su non ti arrestar; brevi momenti

saranno, il tempo, il luogo

cospirano con noi. Siam soli; ah vieni,

vieni, mostrami alfine

l’illibato tuo cul! Che tardi? Eh via

sciogli, sciogliti il laccio, anima mia.

Non ti spaventi, o figlio,

del cazzo il grande artiglio,

ricordati che sei

in man d’un professor.[30]


Pipuzzo

Ecco disciolto il laccio,

il cul senz’altro impaccio,

ma sol pavento… Oh Dio!

che affanno, che rossor!


Padre Siccia

Calati, o mio bel Nume,

e lascia a questo cazzo

di quel tondino implume

le crespe discrepar.


Pipuzzo

Ahi!


Padre Siccia

Se cominci adesso…

lascia ch’io l’introduco.


Pipuzzo

Se non è questo il buco.


Padre Siccia

Ho traveduto è ver.


Pipuzzo

Deh più leggiero il moto.


Padre Siccia

Il mio mestier mi è noto.


Pipuzzo

Mettete, aimè! saliva.


Padre Siccia

Zitto, il parlar mi priva…

mi scema il gran piacer.


Pipuzzo

Ahi che dolore! Io manco.


Padre Siccia

Il cazzo entrò sì franco

e tu ti lagni ancor?


Pipuzzo

Ahi…


Padre Siccia

Non temere.


Pipuzzo

Io moro.


Padre Siccia

Lasciami, o mio tesoro,

lasciami cazziar.[31]


Pipuzzo

Ah che fatal momento!


Padre Siccia

Che dolce e bel contento!


Pipuzzo

Che rabbia, o Dei, che noia!


Padre Siccia

Ah che piacer, che gioja!


Pipuzzo

Affanno più tiranno

io non provai finora.


Padre Siccia

Ah di dolcezza ancora

io manco, e di piacer.


Padre Siccia e Pipuzzo

Su venite, o Bardassoni,

se volete co’ coglioni

tutto il cazzo in culo aver.



LICENZA



Giovani, udite, udite voi, che avete

spelato il mento, e il deretano immondo,

bello e polputo ancor; del grand’esempio

che Pipuzzo vi dona uso migliore

fatene a vostro pro; le celle impure

dei monaci fuggite, come appunto

semplicetta colomba,

o timido coniglio

del nibbio rapitor fugge l’artiglio.

Chi si fida di lor tardi si avvede

del vischio ingannatore; caduto,

uscir mai ne potrà, se pria squarciate

dal fiero monacal minchon di mulo

non sian le crespe al verginal suo culo.

Né solamente questa

regna nel petto lor libidinosa

propostera virtù; vili ed ingrati,

disonesti e villani,

perfidi ed impostori

ed empii sono rapitor d’onori.

E tu, giovane altero,

corresti il mar turbato, e sai per prova

quanto la ria tempesta,

la furia monacal ti fu funesta.

Dalla superbia tua

ti lasciasti guidar; meglio ti parve

seguir l’infame e indegno

consorzio monacal, che dei tuo’ pari.

Or se trovasti il peggio

attendi, amico, a risanarti il seggio.

Dimmi che far pretendi

nel ricondurti il bianco

monaco indegno al fianco

stretto vicino a te?

Forse perché l’hai in credito

ch’ei fosse un gran teologo?

Vedesti già qual sia

la sua teologia;

ei ti condusse a Sodoma,

e ti spiegò il perché.

Forse perché disprezzi

il ceto a te simìle?

E nella tua superbia

non vedi, ch’uom più vile

del monaco non vi è?

Dunque perché ciò fai?

Non vedo altra ragione

o perché sei un fanatico

o perché sei un minchione,

o perché vuoi che gli uomini

ridessero di te.



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Il Padre Siccia
Texte intégral en italien
Le père Siccia
Traduction française

Source

  • « Oltre l’erotismo : per una ridefinizione dell’opera poetica di Domenico Tempio (1750-1821) » / Chiel Canzio Monzone. – Avignon : Université d’Avignon, 2013.
    P. 401-412.

Notes et références

  1. Giovanni Dall’Orto, « Domenico Tempio (1750-1821) » http://www.giovannidallorto.com/testi/dialettali/tempio.html
  2. cotanta : tanta.
  3. sensi : consuetudini, comportamenti.
  4. mi ascolta : ascòltami.
  5. Hai tu si puoche prove di me, che dir ti possa mai cose di tuo spiacer? : Hai forse mai avuto occasione di sentirmi dire cose che ti dispiacciano?
  6. lieto attendi : da’ retta.
  7. E ben, per questo? : E con questo, allora?
  8. Senza profitto adunque buggiaron mi divulgo, e da per tutto : Mi svelo imprudentemente dappertutto come sodomita attivo (buggerone) e senza alcun vantaggio.
  9. il pelo mi s’arriccia : Noi oggi diremmo: “Mi si rizzano i capelli”.
  10. A cui? : A chi?
  11. regola da più grande il tuo consiglio : ragiona da adulto.
  12. il mio Provincial : il mio superiore.
  13. Né invan; poiché l’udio da penna monacal: volea ridurmi in paese lontano : E non invano, perché un monaco mi denunciò ed egli voleva esiliarmi in un paese lontano.
  14. lupi frappatori : lupi ingannatori.
  15. fosse : sarebbe.
  16. E che perciò? : E perché mai?
  17. E pure entro le selve ancor s’annida genio, amore e piacer, e tu non vuoi, e ti fa orror perché si trova in noi? : Perfino tra gli animali selvatici han posto passioni, amore e piacere, e a te fa orrore che si trovino fra noi uomini?
  18. andare al tondo : sodomizzare.
  19. L’adulterio è tale che sia dal ciel punito. La fede coniugale viene a tradirsi allor : l’adulterio sì che è punito dal Cielo, perché tradisce la fedeltà coniugale.
  20. E ben si voglia lecito un tale eccesso, ma una legge poi ei non si fa per obbligar pur noi? : Ebbene, diamo pure per scontato che questo eccesso sia lecito, ma non siamo comunque tenuti a rispettare la legge?
  21. Ecco la legge: io già ti ho colto in punto che non puoi replicar. Dell’amicizia legge più santa e giusta forse si dà? Si può trovar nel mondo vincolo più tenace della vera amistà? Questa ti astringe questa lo vuol, che le dirai? : Ecco la legge: ti ho “beccato” su un punto sul quale non puoi più replicare. Esiste forse una legge più santa e giusta dell’amicizia? Esiste forse al mondo un legame più tenace della vera amicizia? Essa ti costringe, essa lo vuole: che le dirai?
  22. nimeo leone : Leone Nemeo.
  23. Sei così spietato perché tua madre è stata ingravidata di te da un animale selvaggio?
  24. Non è gran fatto al fine : Non è poi questa gran cosa, alla fin fine.
  25. per tutto : dappertutto.
  26. tè, padre Siccia, che l’ottenesti pur! : tiè, padre Siccia, ecco come l’hai ottenuto!.
  27. nibio : nibbio, uccello rapace.
  28. sensi : sentimenti, ragionamenti.
  29. genio : gusto, tendenza, inclinazione.
  30. professor : professionista.
  31. cazziar : chiavare, fottere.